martedì 30 aprile 2013

Back to Brooklyn (di Jimmy Palmiotti e Garth Ennis)


Back to Brooklyn

di Jimmy Palmiotti e Garth Ennis

Magic Press Editore

132 pagine a colori, 11 euro









Sinossi

Una crime story che colpisce per la sua efferatezza come un pugno allo stomaco. In quest'opera non ci sono super poteri o elementi fantastici, solo la cruda realtà della malavita a Brooklyn.
La trama è violenta ma compassionevole, nata dall'immaginazione vivida e dalla personale esperienza di vita a Brooklyn di Palmiotti.
Un uomo, Bob Saetta, membro della famiglia mafiosa dei Saetta, si trova costretto a vendersi alla polizia, causa la scoperta di un segreto così orribile da permettere che tutta l'organizzazione venga scoperta e smantellata.
Ma i suoi piani svaniscono quando scopre che suo fratello, Paul "il muro" Saetta, ha in ostaggio sua moglie e suo figlio.
Così fa un patto con due poliziotti in cerca di una promozione, affinché lo rilascino fino alla fine del week-end, per poter farsi strada, omicidio dopo omicidio, fino al fratello, per la resa dei conti. (Dalla quarta di copertina).

Commenti

Garth Ennis ha delle caratteristiche oramai fin troppo distinguibili, che sono facilmente identificabili in tutte le sue storie: violenza, humor nero, action, personaggi amorali, capaci di bassezze inconcepibili, e infine antieroi che paiono usciti dai film degli anni '80.
E questo Back to Brooklyn ricorda proprio una pellicola d'azione del periodo dorato dei vari Stallone, Schwarzenegger, Bruce Willis, Nick Nolte e via elencando. Solo che qui il tasso di splatter è in netto rialzo, mentre le motivazioni dei villains sono quanto più di sporco e abietto riusciate a immaginare.

In fondo Back to Brooklyn ben si amalgama con un certo tipo di cinema. Ne possiede la sveltezza, l'immediatezza, le sequenze che si alternano senza dare la possibilità al lettore/spettatore di tirare il fiato.
Al contempo ne mutua anche i difetti: la storia è piuttosto sui generis, i personaggi rispondono, chi più chi meno, a dei cliché, e alla fine della lettura vi sarà difficile ricordare i loro nomi.
Non è dunque un fumetto indimenticabile, questo Back to Brooklyn, ma ha un senso compiuto e una storia autoconclusiva, che dà quel che promette.

Garth Ennis è un autore che va bene per un determinato tipo di pubblico, quindi i suoi titoli non li consiglio certo a tutti.
In questa occasione si ha modo di vederlo all'opera con Jimmy Palmiotti e col disegnatore Mihalo Vukelic, entrambi da tenere d'occhio per il futuro immediato. Il risultato è né più né meno quello di cui vi ho appena parlato.
Sono in molti a definire Ennis come il Quentin Tarantino dei comics. E' un paragone azzardato, che funziona per molti versi, ma non per tutti.
Nel buon Garth c'è un filo di fondo - sottile e di difficile percezione - più malinconico e hard boiled. Tarantino, al contrario, cazzeggia alla grande dall'inizio alla fine dei suoi film. Che poi lo faccia bene oppure male, dipende dal gusto di ciascuno di noi.

lunedì 15 aprile 2013

Marvel zombies destroy (di P. David, F. Marraffino e M. Pierfederici)



Marvel zombies destroy

di P. David, F. Marraffino e M. Pierfederici

Panini Comics editore

128 pagine, 12 euro








Sinossi

Un manipolo di eroi per proteggere il nostro universo dalla minaccia dei Nazi-Zombi! Un’allucinante saga MZ di Peter David, Frank Marraffino e Mirco Pierfederici con: il durissimo Dum Dum Dugan, l’implacabile Howard il Papero e i loro intrepidi commilitoni della Brigata Papera. Contro: i supereroi di innumerevoli universi paralleli trasformati in zombi ghiotti di carne viva… e, per giunta, nazisti!

Commento

Minisaga autoconclusiva, da me letta in lingua originale (in formato eComics) qualche tempo fa, che Panini propone ora anche per il nostro mercato, sfruttando l'ottimo seguito del filone Marvel Zombies, il quale coniuga supereroi e zombie.
A dire il vero l'universo dei MZ soffre da un po' di tempo di un certo senso di stanchezza e di mancanza di idee innovative. Difetti che hanno tolto brio e freschezza alle ultime uscite. Laddove le prime due saghe sono ricchissime di colpi di genio e di trovate memorabili, quelle più recenti sembrano ritagliate per il solo pubblico dei fanatici Marvel, gli unici che possono apprezzare il gran numero di personaggi secondari (e non memorabili) tirati in ballo.

Marvel zombies destroy segue in parte questa politica del recupero di supereroi di secondo piano (avendo speso tutti quelli arcinoti nelle prime saghe di MZ, la scelta pare quasi obbligata), ma finalmente si affida a una storia talmente folle e pulp che riesce nell'intento di divertire e intrattenere.
Il plot di MZD è tutto sommato semplice: in un mondo ucronico parallelo al Marvelverso i nazisti hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale trasformandosi in zombie, e ora dominano il pianeta, dando la caccia ai pochi umani e superumani ancora in vita. Ciò che però preoccupa l'ARMOR - l'intelligence gemella dello SHIELD, che si occupa di prevenire crimini extradimensionali - è che questi nazisti "del mondo accanto" stanno preparando un'astronave da guerra in grado di viaggiare tra le realtà parallele, con l'intento di lanciarsi alla conquista di dimensioni ancora ricche di vita e di... cibo.

L'ARMOR mette quindi insieme una squadra da spedire nel mondo nazizombie, con l'intento di distruggere questa nave da guerra e di impedire l'invasione.
La squadra è quantomeno singolare: alla sua guida c'è Dum-Dum Dugan, già commando agli ordini di Nick Fury. Il suo secondo è nientemeno che Howard il Papero (per chi non lo sapesse: sì Howard è un personaggio Marvel, ed è lo stesso del famoso film degli anni '80!). Insieme a loro ci sono dodici supereroi assai poco noti, ma decisamente bizzarri: da Blazing Skull a Eternal Brain, da Flexo a Taxy Taylor. Se volete farvi un'idea, qui trovate una pagina con tutti i membri della "sporca dozzina".

La storia dà quel che promette, con il solo difetto di essere piuttosto sbrigativa in più di un passaggio. Tuttavia, se volete trascorrere qualche ora in compagnia di un fumetto spassoso e disimpegnato, Marvel zombies destroy è una lettura consigliata.

lunedì 8 aprile 2013

Take the long way home (di Brian Keene)


Take the long way home

di Brian Keene

Deadlite Press

104 pagine, 7.99 $ (Kindle edition) oppure 7.95 $ (paperback)

In lingua inglese







Sinossi

In tutto il mondo moltissime persone scompaiono all'improvviso, in un battito di ciglia.Scompaiono mentre sono alla guida delle loro auto. Mentre fanno la spesa al centro commerciale. Dalle loro case. Dai loro letti. Dalle braccia dei loro compagni.
Scompaiono persone comuni, leader politici, cantanti, piloti di aerei. Vecchi, bambini, donne e uomini.
Steve, Charlie e Frank stanno tornando a casa quando tutto ciò accade. Alcuni loro colleghi sono svaniti insieme agli altri, mentre loro tre no, e non sanno ancora quale sorte è toccata ai parenti che li attendono a casa. Tutto ciò che possono fare è mettersi in marcia e scoprirlo. Nel mentre la civiltà attorno a loro crolla a ritmi vertiginosi. Le autorità, dimezzate negli effettivi, non riescono a porre rimedio ai molteplici incidenti occorsi nel momento della “cattura”. Non solo il mondo si trova ad affrontare un'emergenza senza precedenti, coloro che sono stati lasciati indietro hanno anche una domanda a cui trovare risposta: dove sono finite le persone svanite nel nulla? Sono state rapite dagli alieni? Oppure si tratta della rapture, la chiamata di Dio ai suoi servi più puri e fedeli?

Commento

In primis vi devo mettere in guardia. Questo libricino di sole 104 pagine si legge nel giro di due/tre ore. Il rapporto quantità/prezzo non è affatto favorevole, nemmeno in formato ebook. In pratica Take the long way home non può essere definito un romanzo, bensì un novelette, un racconto lungo.

Altra notizia che può spiazzare qualcuno: Keene affronta questa storia pescando nella mitopeica dei reborn christians, e in particolare nella rapture, la cattura celeste che, in anticipo di qualche anno rispetto alla fine del mondo, convocherà tutti i credenti più puri in paradiso, lasciando tutti gli altri a patire l'interregno dell'Anticristo, a cui seguirà poi la seconda venuta di Gesù.

Tempo fa ho dedicato un dossier sulla ricca – in termini prettamente monetari – narrativa americana che si rifà alla dottrina dei cristiani rinati e dei neocon. Lo trovate qui. Si tratta di saghe a metà tra la fantascienza e l'horror, ma in cui la distinzione tra buoni e malvagi è sempre nettissima.

Fa un po' strano vedere Brian Keene che si cimenta con un argomento così spinoso. Per fortuna si tiene lontano dalle banali estremizzazioni di autori fanatici come il reverendo LaHaye, un tizio che coi suoi romanzi escatologici ha venduto più di tal Stephen King.
Dall'impostazione medesima di Take the long way home si vede che Keene non ha intenzione di battere sul fanatismo religioso. I tre protagonisti della novel sono rispettivamente un ebreo, un gay e un ateo di origini polacche. Anche se la storia prende effettivamente il risvolto religioso/soprannaturale, non c'è alcun compiacimento nel descrivere una giustizia divina selettiva ed eugenetica che, un bel giorno, salverà i timorati del Signore e lascerà gli altri a scannarsi come bestie tra le rovine della civiltà.

In questa novel la rapture è un fatto concreto e inspiegabile in termini scientifici, eppure la mente del lettore non è mai violentata per meri scopi di proselitismo.
Per il resto Keene sguazza nel suo ambiente naturale, l'horror apocalittico. Genere in cui ha davvero pochi uguali nell'immaginare il crollo della civiltà e le bassezze umane che ne derivano in modo violento e virale. In Take the long way home non ci sono zombie, vampiri o guerre nucleari. Ciò che avviene è causa di un evento inspiegabile e “divino”, ma quel che ne consegue – violenze, stupri, saccheggi, brigantaggio – è innegabilmente opera della natura umana.

Non è una storia imperdibile, non è il miglior Keene. Tuttavia è un ulteriore ottimo esempio di come si può gestire uno scenario catastrofista partendo dal basso, e con gli occhi di persone comuni, non di eroi o di scienziati.
Al solito l'inglese di mr. Keene è di una fluidità impressionante, comprensibilissimo anche per chi ha una conoscenza poco più che scolastica di questa lingua. Ciò che impressiona dell'autore è proprio la maestria con cui costruisce trama e dialoghi. Se a una prima, banale occhiata può sembrare una scrittura semplice, ci si accorge presto che si tratta di ben altro: fluidità e occhio “cinematografico” di azioni e situazioni.

(Da un mio articolo del 13 luglio 2011)