lunedì 8 aprile 2013

Take the long way home (di Brian Keene)


Take the long way home

di Brian Keene

Deadlite Press

104 pagine, 7.99 $ (Kindle edition) oppure 7.95 $ (paperback)

In lingua inglese







Sinossi

In tutto il mondo moltissime persone scompaiono all'improvviso, in un battito di ciglia.Scompaiono mentre sono alla guida delle loro auto. Mentre fanno la spesa al centro commerciale. Dalle loro case. Dai loro letti. Dalle braccia dei loro compagni.
Scompaiono persone comuni, leader politici, cantanti, piloti di aerei. Vecchi, bambini, donne e uomini.
Steve, Charlie e Frank stanno tornando a casa quando tutto ciò accade. Alcuni loro colleghi sono svaniti insieme agli altri, mentre loro tre no, e non sanno ancora quale sorte è toccata ai parenti che li attendono a casa. Tutto ciò che possono fare è mettersi in marcia e scoprirlo. Nel mentre la civiltà attorno a loro crolla a ritmi vertiginosi. Le autorità, dimezzate negli effettivi, non riescono a porre rimedio ai molteplici incidenti occorsi nel momento della “cattura”. Non solo il mondo si trova ad affrontare un'emergenza senza precedenti, coloro che sono stati lasciati indietro hanno anche una domanda a cui trovare risposta: dove sono finite le persone svanite nel nulla? Sono state rapite dagli alieni? Oppure si tratta della rapture, la chiamata di Dio ai suoi servi più puri e fedeli?

Commento

In primis vi devo mettere in guardia. Questo libricino di sole 104 pagine si legge nel giro di due/tre ore. Il rapporto quantità/prezzo non è affatto favorevole, nemmeno in formato ebook. In pratica Take the long way home non può essere definito un romanzo, bensì un novelette, un racconto lungo.

Altra notizia che può spiazzare qualcuno: Keene affronta questa storia pescando nella mitopeica dei reborn christians, e in particolare nella rapture, la cattura celeste che, in anticipo di qualche anno rispetto alla fine del mondo, convocherà tutti i credenti più puri in paradiso, lasciando tutti gli altri a patire l'interregno dell'Anticristo, a cui seguirà poi la seconda venuta di Gesù.

Tempo fa ho dedicato un dossier sulla ricca – in termini prettamente monetari – narrativa americana che si rifà alla dottrina dei cristiani rinati e dei neocon. Lo trovate qui. Si tratta di saghe a metà tra la fantascienza e l'horror, ma in cui la distinzione tra buoni e malvagi è sempre nettissima.

Fa un po' strano vedere Brian Keene che si cimenta con un argomento così spinoso. Per fortuna si tiene lontano dalle banali estremizzazioni di autori fanatici come il reverendo LaHaye, un tizio che coi suoi romanzi escatologici ha venduto più di tal Stephen King.
Dall'impostazione medesima di Take the long way home si vede che Keene non ha intenzione di battere sul fanatismo religioso. I tre protagonisti della novel sono rispettivamente un ebreo, un gay e un ateo di origini polacche. Anche se la storia prende effettivamente il risvolto religioso/soprannaturale, non c'è alcun compiacimento nel descrivere una giustizia divina selettiva ed eugenetica che, un bel giorno, salverà i timorati del Signore e lascerà gli altri a scannarsi come bestie tra le rovine della civiltà.

In questa novel la rapture è un fatto concreto e inspiegabile in termini scientifici, eppure la mente del lettore non è mai violentata per meri scopi di proselitismo.
Per il resto Keene sguazza nel suo ambiente naturale, l'horror apocalittico. Genere in cui ha davvero pochi uguali nell'immaginare il crollo della civiltà e le bassezze umane che ne derivano in modo violento e virale. In Take the long way home non ci sono zombie, vampiri o guerre nucleari. Ciò che avviene è causa di un evento inspiegabile e “divino”, ma quel che ne consegue – violenze, stupri, saccheggi, brigantaggio – è innegabilmente opera della natura umana.

Non è una storia imperdibile, non è il miglior Keene. Tuttavia è un ulteriore ottimo esempio di come si può gestire uno scenario catastrofista partendo dal basso, e con gli occhi di persone comuni, non di eroi o di scienziati.
Al solito l'inglese di mr. Keene è di una fluidità impressionante, comprensibilissimo anche per chi ha una conoscenza poco più che scolastica di questa lingua. Ciò che impressiona dell'autore è proprio la maestria con cui costruisce trama e dialoghi. Se a una prima, banale occhiata può sembrare una scrittura semplice, ci si accorge presto che si tratta di ben altro: fluidità e occhio “cinematografico” di azioni e situazioni.

(Da un mio articolo del 13 luglio 2011)

1 commento:

  1. Non ho ancora letto nulla di suo e sto cercando I vermi conquistatori, che da quanto ha detto il Buta fa davvero una certa impressione. Visto quanto hai detto sul suo stile potrei pure provare a leggermi questo in inglese, non avendo mai provato nulla prima. Me lo segno!

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